Live At Novarajazz 2008

Trío inusual (saxo soprano, trombón y violín) de improvisadores e improvisaciones, Live at Novarajazz 2008 no sólo es el primer CD, sino que también fue el primer concierto del trío Forgiving July. 

En esta grabación, tal y como sucede en otras ocasiones, la improvisación libre no es equivalente a la ausencia de melodías o incluso de estructuras o estrategias creativas. A lo largo de los temas van surgiendo pequeñas melodías, leitmotiv que los músicos van tomando y también dejando. 

La música transcurre en un tono tranquilo, que no es lo mismo que ausente de tensión. La extensión de las piezas, entre cuatro y siete minutos, permiten contar pequeñas historias que nacen, se desarrollan, y hasta en algún caso llegan al desenlace con la asincronía de los músicos. De los tres sobresale el violinista Stefano Pastor. Tal y como ocurre en otras grabaciones, el sonido que extrae de su violín es absolutamente personal. Su sonoridad diferente a la del resto de violinistas, permite al grupo jugar con su sonido camaleónico para el magnífico estreno de este trío.

Like a chamber wind recital,  Forgiving July recorded live at Novara Jazz Festival is an exercise in tripartite cohesion. Overlapping tones and timbres while decorating each other’s solos, the trio members maintain individual quirks within each track’s distinctive tessitura. Canonic in parts, the solos of soprano saxophonist Gianni Mimmo proffer an intense vibrato against trombonist Angelo Contini’s burbling and braying as well as the fiddler’s string shrieks and spiky jabs. Pavia native Mimmo and milanese Contini have explored similar coordinates in conventional and experimental situations for years. Partnering others in ensembles that encompassed everything from unlimited circular breathing to accompanying poets and dancers, the two also have a long history as a duo or with electronics manipulators such as Lorenzo Dal Ri and Xabier Iriondo. While they eschew the electronics here, numerous timbres that slurp or pitch-slide from their horns suggest the sort of extended techniques that can be developed after experimenting with computers and sound processing. Interestingly enough, it’s Pastor who appears most mainstream in this context. Frequently within the seven improvisations there are points at which it appears as if he’s going to quote from a standard tune, be it “Misty”, “Hit the Road, Jack” or even “London Bridge”. But the impulse is still born. None of these asides ever develops into full-fledged contrafacts because he speedily glides past the almost-quote. Even so when he’s not creating bagpipe-like multiphonics in response to the trombonist’s braying and burping and the saxophonist’s whistling vibrato, it’s often Pastor who moves the overlapping lines towards lyricism. “Hidden and Blue” however, proves the others haven’t abandoned bel canto suggestion. Here pan-flute-like trills from Mimmo nearly push the tune into eclogue territory until spiccato violin and squawking brass contrapuntally make the end result more gaunt and pointed. Throughout, three-part crescendos and wide-bore polyphony confirm the three’s overlapping concordance.

La pregnanza e la chiarezza dell’intreccio a tratti vengono meno ma basta all’appagamento dell’ascolto il solo essere trasportati in un mondo vibrante di timbri inusitati.

E’ il mondo siderale di Mimmo e Pastor, dove il trombone di Contini ha solo qualche accesso ma di cui, con sapiente contrappeso, fa risaltare proprio l’altezza.

Il violino e il soprano lo abitano per elezione, ma qui si muovono in modo deliberatamente diverso: così vicini, così lontani.

Il saxofono, ora puntillistico, ora lineiforme, fraseggi asciutto, con tono discorsivo e logica spesso geometrica, à la Lacy (Mimmo presenta anche stavolta calchi molto suggestivi del sommo maestro) tessendo tele rade e trapuntandole di dorate note acute.

Pastor, aeriforme, indirizza un originario senso drammatico in volute melodiche spezzate con studiata discontinuità. Il suo violino è come sempre abrasivo ed economico sorretto da un’emozione intelligente disposta a mutare fino a sfumare nel disegno collettivo più articolato.

E’ in fondo questa facoltà, che i tre praticano con rigore, il segreto della complessiva riuscita di una musica che conta quasi completamente sull’improvvisazione.

Nasce- in tutti i sensi- sul  palco del Novara Jazz festival del 2008 il lavoro di Contini, Pastor e Mimmo. Avant-garde europea aurata di camerismo, soprattutto per le tensioni create dal violino di Pastor e dalle piccole forme vibranti del soprano di Mimmo. Uno sperimentalismo cerebrale fatto di micro variazioni di timbri e altezze sonore e di una particolare attenzione alla struttura melodica estemporanea (Intimacy and Undanced, The Long Farewell).Quasi d’obbligo l’interplay sottolineato dai fraseggi anche ritmici di Contini, sia nel registro grave che in quello acuto. La densità del suono, le continue sostituzioni armoniche e la concatenazione dei motivi sono cucite da un persistente senso dello swing.

In questo caso scriviamo di un trio di cui negli ultimi mesi si è parlato parecchio e sentendo questo live è facile capire il perché, le ragioni potrebbero essere multiple a partire dalla qualità della musica. Certo, spesso la qualità non è l’unica cosa che giustifica il clamore o la popolarità di un gruppo: Davis era il jazzista più “figo” (..forse..ma resta un’affermazione stupida a partire dal fatto che a quel “negro”, di essere un “jazzista”, interessava relativamente poco, soprattutto da metà carriera in poi), i Nirvana erano il miglior gruppo di Seattle? (i più vendibili non vuol dire certo i migliori). Lo stesso discorso vale in minima parte anche per Forgiving July; in un certo senso possiamo azzardare che sia un gruppo che si sviluppi dal lavoro che per anni hanno svolto in coppia Contini e Mimmo. L’incontro con Pastor avviene in modo molto naturale e la splendida registrazione (sembra un disco registrato in studio a tutto tondo) rende al meglio le dinamiche con cui i tre si spostino sinuosamente senza mai scontrarsi in inutili testa a testa che fanno “free-jazz” e pure un po’ stile “antiquato”. Anzi, una delle cose interessanti di questo disco è che incerti momenti sappia far fiorire delle dissonanze e dei movimenti quasi contemporanei (il finale di Road), quand’anche si trattasse di materia “free” i tre giocano la parte di gentiluomini di altri tempi che vanno di fioretto, ma senza mai perdere troppo il decoro (the painter). Ci troverete echi di musica classica, schegge di vecchio jazz-blues che cerca di diventare altro e passaggi con cui alcuni russi si sarebbero divertiti e non poco, a partire da Prokofiev, certi giochetti gli si avvicinano parecchio nonostante la musica si trovi decisamente altrove. Tre galantuomini quindi, gente di un'altra epoca? Forse più semplicemente: gente che gioca con richiami alla tradizione più o meno recente senza per questo rimanerne irretita, se il garbo significa ancora qualcosa si tratta di musica in cui la delicatezza ha un ruolo enorme, immagino che quest’ultima affermazione potrebbe far immaginare roba impettita o che gioca in modo tronfio con dei silenzi austeri ed invece nulla di tutto ciò. Forgiving July non si diverte molto con il silenzio, è più per un uso molto garbato degli spazi, sequenze dove Contini e Mimmo fanno da controcanto a Pastor, quest’ultimo che si impegna a sovrapporsi al suono di Mimmo, linee parallele che poi convergono e divergono m senza creare grovigli di nodi, il tutto con uno swing e con quello che la gente del giro hip-hop chiamerebbe “flow”: una flow così limpida da lasciare pochi dubbi in merito alla sua naturalezza. Non si tratta di musica per tutti ma di materia simil-tradizionale che para altrove, perché ovviamente questo disco, pur avendo ancora molto dello scheletro del jazz, non è certo robetta da serata al Rotari o da cena al Blue Note (e questo dovrebbe far stendere un velo pietoso su entrambi). Sorprende la partecipazione di Novarajazz in fase produttiva, verrebbe da dire che finalmente qualcosa si muove e che altrove i nomi dei jazz festival e delle partecipazioni in fase di produzione sono sempre gli stessi. Si tratta pur sempre di un live e di un disco che in modo sbilenco rimane comunque dentro ad un contesto, ma lo fa in modo sorprendentemente elegante, senza curarsi troppo di piacere a tutti i costi ma dall’altra parte senza dover dimenticare una qualsiasi forma di melodia per imporre serietà, anzi, seppur in modo indiretto il risultato finale è quello di un disco molto fruibile, non semplice ed oscurato da un velo di malinconia.